La cause della bulimia nervosa sono di natura psicologica.
Assumere cibo compulsivamente ha un significato molto semplice, ma drammatico: “introdurre qualcosa” nel corpo per fare fronte a un insostenibile vissuto di vuoto.
Per questo l’abbuffata ha un significato psicologico altamente simbolico, non si tratta solamente di riempire il corpo per raggiungere il senso di sazietà (che non si raggiunge mai), bensì di colmare un “vuoto identitario”, un vuoto affettivo, un buco nero che genera una stato di angoscia pervasivo.
Tutto questo avviene nell’ambito di una personalità problematica e sofferente, che lotta costantemente nella ricerca di un sé accettabile, per gli altri e per se stessi.
Per questo motivo le abbuffate sono di frequente seguite dal vomito, nel tentativo di trovare un equilibrio tra i bisogni affettivi e pulsionali primari, e la garanzia di un’accettazione personale e sociale di immagine.
Le cause di questa condizione sono da ricercare nella prima fase della vita e in particolare nel rapporto con la madre. In età precoce può avere un ruolo lo squilibrio tra le capacità materne di “soddisfare i bisogni” del bambino e la natura termperamentale dello stesso bambino.
Successivamente possono essere determinanti le carenze dei genitori nei processi di riconoscimento, di rispecchiamento, di elaborazione delle emozioni, ovvero quei fenomeni relazionali che garantiscono le basi e lo sviluppo di un sé autentico, autonomo, e dunque di una autostima adeguata.
Se il rapporto figlio-genitori presenta “disfunzionalità” si possono sviluppare la sensazione di vuoto interiore e bassa autostima, in un soggetto incapace di riconoscere quanto di realmente buono e virtuoso c’è nella propria personalità e incapace di percepire e metabolizzare (mettere dentro ed assimilare) le esperienze positive, gratificanti e “sazianti” che vive in ambito sociale, amicale, sentimentale e professionale.